Pubblicato su politicadomani Num 86 - Dicembre 2008

La vocazione internazionale del Sud
Gli Svizzeri nell’esercito napoletano

Negli archivi demografici di Napoli ci sono molti cognomi stranieri. È la memoria vivente dei molti Svizzeri e Svizzeri-Napoletani che nelle file dell’esercito del Regno hanno dato fino alla vita per difendere dai Piemontesi un suolo, una cultura, un’intera popolazione

di Ciro La Rosa

Il 1848 fu un anno infausto e doloroso per Napoli. Colpì così profondamente il sentimento popolare che ancor oggi, quando si vuol rimarcare un avvenimento aggressivo e violento che porta scompiglio, si dice che “stà succerenne ‘o quarantotto”. Fu l’anno della costituzione concessa il 29 gennaio, e del suo repentino ritiro. Tutto ebbe inizio col rifiuto da parte di Ferdinando II di ratificare le modifiche alla costituzione volute dai liberali rivoluzionari (borghesi ed intellettuali, sostenuti e finanziati da agenti dell'Internazionale liberale e dall'Inghilterra). La rivolta durò solo un giorno, il 15 maggio, senza coinvolgimento di popolo. Seguì una repressione sanguinosa, a cui parteciparono il 1° e 4° Reggimento Svizzero, che erano stati i bersagli preferiti dei rivoltosi, e avevano subito gravi perdite. La repressione dei reparti svizzeri mosse Francia ed Inghilterra ad attaccare la Confederazione Elvetica, la quale pur essendosi impegnata nel 1815 ad essere neutrale, di fatto non lo era perché i suoi Cantoni continuavano a fornire “mercenari” agli eserciti europei. La Confederazione fu costretta ad un più rigido controllo sui Cantoni per far cessare l’arruolamento.
Nel 1849 la Confederazione Elvetica rifiutò di riconoscere la validità della capitolazioni e chiuse i centri di reclutamento svizzeri. Anche il Regno di Sardegna si oppose al passaggio dei mercenari sul suo territorio ed chiuse il deposito di Genova. In pratica, però, gli arruolamenti non si interruppero poiché vennero aperti centri nei pressi della frontiera austriaca (1852, in Bregenz e Lecco), francese (1853, Besançon), e di quella con il Granducato di Baden (Costanza). L’assetto definitivo dei Reggimenti Svizzeri si ebbe nel 1850 col Decreto Reale n. 1733 del 20 marzo che prevedeva il 1°, 2°, 3° e 4° Reggimento Svizzero e la costituzione del 13° Battaglione Cacciatori, per un totale di 7.500 effettivi. Nel 1859 furono costituite quattro compagnie di Veterani Svizzeri, formate da anziani militari che altrimenti sarebbero stati licenziati dal servizio attivo.
Nel settembre di quell’anno, per le pressioni del Piemonte, intento a minare dall’interno il Regno delle Due Sicilie, la Svizzera non rinnovò la capitolazioni con il Regno. Il 7 settembre scoppiò, inaspettata, “la rivolta delle bandiere”, che portò allo scioglimento dei reparti: agenti al soldo dei piemontesi e dei liberali napoletani, avevano diffuso la falsa notizia della soppressione degli stemmi Cantonali sulle bandiere. I reparti - 1°, 2°, 3° Battaglione Carabinieri Esteri - furono ricostituiti dal colonnello Von Mechel con Decreto Reale del 12 febbraio 1860. Vi erano arruolati i volontari Svizzeri che non avevano lasciato il servizio, oppure provenivano dai centri di reclutamento vicini alla Baviera. Non a caso molti dei “Carabinieri Esteri” erano bavaresi, che dai luoghi di reclutamento si portavano a Trieste, territorio asburgico, e si imbarcavano alla volta dei porti pugliesi. Nota curiosa: molti dei subalterni erano svizzero-napoletani, ossia figli di padre svizzero e di madre napoletana, che conoscevano benissimo l’italiano, il napoletano e il francese, ma poco il tedesco, lingua in cui erano impartiti gli ordini militari.
Gli svizzeri parteciparono valorosamente alle vicende militari del tempo.
Nel 1860 il “3° Carabinieri Estero” (interamente costituito dall’ex “13° Battaglione Cacciatori”), con gli altri due battaglioni, entrò in azione contro i garibaldini sul Volturno e sul Garigliano, sconfinato poi nello Stato Pontificio, fu sciolto nel dicembre. Molti decisero però di resistere fino in fondo, nella piazza di Gaeta, confluendo nel Battaglione ”Veterani Svizzeri” appositamente creato, e comandato dal maggiore Eduardo Aufdermauer.
Il tenente colonnello Francesco Saverio Goldlin, comandante del “1° Battaglione Carabinieri Esteri”, decorato di vari ordini cavallereschi, partecipò alla difesa di Gaeta e ritornò in Svizzera solo nel 1865. Il tenente colonnello Aloisio Migy, comandante del “2° Battaglione Carabinieri Esteri”, anche lui pluridecorato, cadde in combattimento sul Piano dell’istmo di Montesecco; il comando passò al maggiore Francesco Antonio de Werra che partecipò valorosamente alla campagna del Volturno. Suo figlio Eugenio, che combatté anche lui a Gaeta, a fine campagna rientrò in Svizzera, ma nel 1882 si stabilì in Napoli dove vivono ancora i suoi discendenti.
Il tenente colonnello Von Mechel, comandante del “3° Battaglione Carabinieri Esteri”, subì nei combattimenti un alto numero di perdite, tra cui suo figlio, Carlo Emilio, caduto presso i Ponti della Valle il 1° ottobre 1860.
Il capitano Errico Fevot, comandante della “Batteria d’artiglieria Estera” - la “Batteria da quattro leggera” -, cadde in combattimento insieme al suo secondo, il capitano Casimiro Bruner, per difendere la ritirata delle truppe napoletane verso Gaeta. Gli successe il coraggioso capitano Roberto De Sury.
Tutti i reparti esteri dell’esercito napoletano scrissero con il loro valore e il loro sacrificio una splendida pagina di storia. Ciononostante l’esercito Piemontese (nelle cui file militavano moltissimi stranieri) nelle trattative di resa non trattò quei valorosi soldati con l’onore e il rispetto dovuto alle truppe combattenti.
Molti, a fine conflitto, decisero di trasferirsi definitivamente a Napoli arricchendo così di cognomi stranieri gli archivi demografici della città.

 

Homepage

 

   
Num 86 Dicembre 2008 | politicadomani.it